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Gli accenti nella lingua italiana - quali sono e come si usano
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- Eleonora Simeone
L’uso degli accenti nella lingua italiana
Almeno una volta sarà capitato a chiunque di chiedersi quale fosse il tipo di accento da utilizzare durante la scrittura. Un po’ di esitazione, infatti, può comparire anche quando stiamo scrivendo un semplice messaggio con la tastiera dello smartphone e facciamo confusione se il dispositivo non ci suggerisce l’opzione corretta: se voglio indicare la terza persona singolare all’indicativo presente, scrivo è oppure é?
Questi dubbi talvolta fanno propendere per la scelta dell’apostrofo. Non è raro vedere soluzioni di questo tipo: perche’, e’, li’, c’e’… Vediamo insieme come scrivere correttamente le parole accentate, attenendoci alle convenzioni della grammatica italiana.
Innanzitutto, in italiano si hanno due tipi di accento:
- L’accento tonico: cade in posizione intermedia nella parola. La segnalazione grafica è facoltativa, infatti, lo possiamo trovare soltanto per distinguere termini omonimi come prìncipi/princìpi; càpita/capìta e simili;
- L’accento finale: cade sull’ultima sillaba della parola. Lo ritroviamo in termini come città, caffè, perché, e così via. La segnalazione grafica di questo accento è obbligatoria, se prevista per la specifica parola.
Inoltre, graficamente abbiamo:
- L’accento acuto, in cui la vocale si pronuncia chiusa. Come perché, benché, poté, né, trentatré, ecc.
- L’accento grave, in cui la vocale si pronuncia aperta. Come però, è, c’è, cioè, bebè, tè, può, falò, ecc.
Per concludere, come norma generale, diciamo che sono sempre gravi gli accenti di a, i, u (come lì, città, Artù), mentre l’accento può essere acuto o grave su e, o a seconda della parola.
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